di: Clara Capponi
Fonte: CSVnet

Al 31 dicembre 2020, l’anno delle pandemia, le istituzioni non profit attive in Italia sono 363.499  – lieve incremento del +0,2 per cento rispetto al 2019, poco più dell’8 per cento rispetto all’ultima rilevazione del 2015 – , ed impiegano oltre 870mila dipendenti (+10% rispetto al 2019).

La vera novità però riguarda il calo dei volontari attivi nelle organizzazioni, passati da 5,5 milioni del 2015 a quasi 4,7 milioni nel 2021.
Sono i risultati più importanti della seconda edizione del Censimento permanente delle istituzioni non profit realizzato dall’Istat fra marzo e novembre 2022, presentati oggi nell’aula magna della sede nazionale.
A soli cinque mesi dalla chiusura dell’ultima rilevazione  – che Istat compie ogni tre anni – vengono diffusi i primi risultati provvisori, a cui seguirà il rilascio, entro l’anno in corso, dei dati definitivi che l’Istituto analizza a partire dal suo registro statistisco basato su varie fonti amministrative.

Quella presentata oggi quindi è una prima proiezione, su cui i ricercatori dell’Istituto hanno lavorato offrendo una panoramica a partire da alcuni focus tematici: oltre ai dati sui volontari, le attività svolte dalle istituzioni non profit a favore delle categorie più fragilile reti di relazione che le istituzioni strutturano sul territorio e il loro processo di digitalizzazione.

Le dimensioni strutturali

Tornando alle caratteristiche strutturali del settore, nonostante siano cresciute soprattutto al sud, la presenza delle isitituzioni non profit è concentrata per oltre il 50 per cento al nord, mentre il 22 per cento è attivo al centro, il 18,2 per cento al sud e poco del 10 per cento nelle isole.
Le istituzioni non profit si confermano più attive nel settore dello sport, con il 32,9 delle organizzazioni coinvolte, seguono i settori delle attività culturali e artistiche (15,9%), delle attività ricreative e di socializzazione (14,3%), dell’assistenza sociale e protezione civile (9,9%).

La forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,2%) resta l’associazione, seguono le istituzionji con altra forma giuridica (8,4%), le cooperative sociali (4,1%) dove opera il 53 per cento dei dipendenti di tutto il non profit, e le fondazioni (2,3%).

Rispetto agli ambiti di impegno il settore dello sport raccoglie il 32,9 per cento delle organizzazioni, seguono i settori delle attività culturali e artistiche (15,9%), delle attività ricreative e di socializzazione (14,3%), assistenza sociale e protezione civile (9,9%). La distribuzione del personale dipendente, pur eterogenea, è concentrata in pochi settori: assistenza sociale e protezione civile (48,4%), istruzione e ricerca (15,0%), sanità (11,9%) e sviluppo economico e coesione sociale (11,4%).

I volontari

Secondo l’Istat uno degli ambiti in cui la pandemia ha influito di più è proprio il volontariato: nel 2021 infatti il 72 per cento delle istituzioni non profit poteva contare su 4, 661 milioni di volontari – di cui 57,5 per cento sono uomini e il 42,5 per cento donne – un numero in calo dell’oltre 15 per cento rispetto al 2015.

Sia in termini di istituzioni che di volontari la presenza più rilevante si registra nelle aree del Nord Italia , con il 29,3% di INP con volontari e il 30,2% di volontari nel Nord-ovest, e il 25,0% di istituzioni con volontari e il 26,2% di volontari nel Nord-est. Anche rispetto al numero di volontari presenti rispetto alla popolazione residente (790 volontari per 10mila abitanti a livello nazionale), prevalgono nella distribuzione sul territorio le regioni settentrionali, insieme a quelle centrali con 1.165 volontari per 10mila abitanti nel Nord-est, 892 nel Centro e 887 nel Nord-ovest. Nel Sud e nelle Isole si rilevano rispettivamente 492 e 509 volontari per 10mila abitanti.

Rispetto alle forme giuridiche, quasi un’associazione su 10 può contare sul contributo dei volontari, mentre i dati sulla presenza dei volontari nelle altre forme giuridiche si attesta alle proiezioni del 2015.

Le istituzioni che operano grazie al contributo dei volontari e i volontari stessi si concentrano nei settori delle attività culturali e artistiche, sportive, ricreative e di socializzazione, che insieme aggregano il 65,2% delle istituzioni con volontari e il 54,5% dei volontari.

Rispetto agli ambiti in cui operano i volontari, prevalgono i settori dell’ambiente (86% delle istituzioni attive nel settore), delle attività ricreative e di socializzazione (85,6%), della filantropia e promozione del volontariato (84,6%), della cooperazione e solidarietà internazionale (83,1% del totale del settore) e dell’assistenza sociale e protezione civile (78,3%).

Le reti

Nel 2021 nove Inp su 10 (89,3%) hanno strutturato “relazioni significative” con i diversi soggetti che possono essere sia persone fisiche sia soggetti istituzionali, quali Istituzioni (pubbliche o private), gruppi o imprese. Gli stakeholder più coinvolti sono i soci (lo fanno il 70% delle INP), i volontari (47,4%) e i destinatari delle attività (46,5%); più bassa la quota delle istituzioni che indicano di avere rapporti con i lavoratori retribuiti (14,2%) e con i donatori (10,2%).

Rispetto agli stakeholder istituzionali, il 36,1% delle INP nel 2021 ha intessuto relazioni con le Regioni e gli Enti pubblici locali, mentre con altri soggetti come Scuole, Università ed Enti di ricerca hanno dialogato il 15,8% delle Inp. Seguono Ministeri, Enti, Agenzie di Stato (10,9%) e Aziende sanitarie locali, ospedaliere o di servizi pubblici alla persona (9,3%). In ambito privato, le Inp hanno costruito reti con altri soggetti del settore (19,9%), Enti religiosi (12,2%) e con imprese private (8,1%). Più dei due terzi delle istituzioni interessate (77,2%) hanno consultato i propri stakeholder per la definizione delle proprie attività e circa metà delle istituzioni ha inoltre progettato (53,7%) e realizzato progetti (47,9%) con i diversi soggetti coinvolti. Anche il coinvolgimento dei destinatari nella definizione delle attività (52,3%) conferma la crescente importanza della partecipazione dei beneficiari al processo di offerta dei servizi ad essi dedicati dalle INP. Infine, emerge il ruolo dei volontari convolti da metà delle Inp(49,7%) oltre che nella realizzazione delle attività, anche nella progettazione delle stesse. Emerge inoltre il ruolo delle imprese private nel finanziamento delle attività con un valore (31,7%) non molto distante da quello dei Ministeri (34,6%) o delle Regioni ed Enti locali (33,7%).

La digitalizzazione

Nel 2021, il 79,5% delle INP italiane ha utilizzato almeno una tecnologia digitale, un dato positivo ma che denota una scarsa capacità di investimento visto che la tecnologia utilizzata è sostanzialmente la connessione internet. Solo tre INP su 10 (35,5%) hanno utilizzato le piattaforme digitali, mentre il 28,0% si è avvalso di applicazioni mobile, il 9,8% ha acquistato servizi di cloud computing e il 2,1% delle INP digitalizzate ha adottato almeno un dispositivo relativo all’Internet delle Cose (IoT), alla robotica, alla stampa 3D e alla blockchain. Una quota ridotta di INP, pari allo 0,9%, ha utilizzato tecnologie e/o strumenti per analisi di big data. Una su tre tra le INP non digitalizzate (pari tuttavia al 20,5% del totale) addirittura afferma che non ritiene necessaria l’adozione di tecnologie digitali per lo svolgimento delle proprie attività.

Il commento

I dati sulla nuova rilevazione del Censimento Istat sulle istituzioni non profit certificano quanto queste siano fondamentali per la tenuta sociale del Paese, ma fotografano anche un settore messo alla prova, che ha bisogno di sostegno da parte delle istituzioni a tutti i livelli per continuare a fare la propria parte” – commenta  Chiara Tommasini, presidente di CSVnet (qui la dichiarazione integrale).

Secondo la presidente dell’associazione nazionale dei Csv, per far fronte al calo del numero dei volontari causato dalla crisi sociale ed economia post pandemia, occorrono “politiche di sostegno e accompagnamento per facilitare il ricambio generazionale e favorire l’ingresso di nuovi volontari anche con campagne di promozione specifiche capaci di raggiungere i giovani già in età scolare”.

Un lavoro di supporto vede coinvolto tutto il sistema dei Csv, impegnato nell’affiancare le associazioni anche nella complessa transizione legata alla riforma normativa, oltre a favorire la costruzione di reti di relazione con i soggetti locali e  “percorsi di digitalizzazione “quanto mai utili e necessari, ma che si scontrano, come certifica anche Istat nella sua fotografia, con una carenza di risorse da parte del non profit stesso”.

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